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II Parte - Lon Chaney, il trucco e il suo personaggio

Non sono pochi i nomi degli innovatori che aiutarono a far nascere e crescere la figura professionale del make up artist ma i più riconosciuti sono senz’altro quelli dei signori Max Factor e George Westmore; entrambi idearono nel tempo cosmetici adatti allo schermo, di lunga durata e talmente innovativi da arrivare fino ai giorni nostri.

I pionieri del trucco cinematografico

Non sono pochi i nomi degli innovatori che aiutarono a far nascere e crescere la figura professionale del make up artist ma i più riconosciuti sono senz’altro quelli dei signori Max Factor e George Westmore; entrambi idearono nel tempo cosmetici adatti allo schermo, di lunga durata e talmente innovativi da arrivare fino ai giorni nostri.

MAX FACTOR (1872-1938) : Il primo trucco ideato per il cinema arrivò nel 1914 e fu creato da un signore chiamato Max Factor, un esperto barbiere emigrato dalla Russia agli Stati Uniti nel 1904. Nel 1908 Max si trasferì a Los Angeles fondando un negozio di profumi, cura dei capelli e prodotti adatti al trucco teatrale, ma già nel 1910 capì che la cosmetica teatrale non si adattava a quella cinematografica. Ideò per questo un fondotinta liquido in 12 tonalità diverse, ideale per sostituire il grasso cerone e permettere una copertura del viso decisamente più sottile e delicata.

Lo stesso Max Factor ideò, in seguito alla diffusione della pellicola pancromatica, il PANCHROMATIC MAKE UP, perfetto per adattare il trucco alle diverse carnagioni degli attori; mentre, con l’arrivo del Technicolor, diffuse un tipo di fondotinta che reagiva bene all’illuminazione delle nuove pellicole e grazie al quale nacque una linea chiamata "Pancake": si trattava di una conversione in polvere del vecchio cerone teatrale, diventava solubile in acqua e veniva applicato con una spugna bagnata.

Il trucco Pancake di Max Factor venne apprezzato a tal punto che negli anni ’30 le attrici cominciarono a usarlo anche nella vita di tutti i giorni, tramutandolo in una vera e propria moda. Tendenza che venne alimentata dalla sua comparsa all’interno di riviste ad altissimo richiamo femminile come Vogues e Goldwyn’s Follies.

Sempre Max Factor gettò infine le regole base della "Color Harmony" il cui scopo, ancor oggi, è quello di mantenere un’immagine cinematografica perfetta per evitare contrasti di colore sul viso degli attori.

GEORGE WESTMORE (1879-1931) : è grazie a questo truccatore e acconciatore inglese che nel 1917 prende vita il primo “reparto trucco” nella Selig Polyscope Company e come accadde al rivale Max Factor, George arrivò presto alla conclusione che per creare delle vere dive cinematografiche era necessario ottimizzare il trattamento cosmetico a livello del tutto personale.

Westmore diede il via a tre floride generazioni di truccatori cinematografici che negli anni ’30 coprirono gran parte delle produzioni nei maggiori studios.

Fra i principali è doveroso nominare i suoi stessi figli:

​​- Monte

Nel 1921 divenne l’unico truccatore di Rudolph Valentino e nel 1926 si trasferì alla Selznick International dove finì per morire a causa di un attacco di cuore dovuto (sembrerebbe) alle imponenti richieste per la produzione di Via col Vento (Victor Fleming - 1939).

La sua carriera si sviluppò all’interno della First National-Warner Bros e nel 1939 ideò i volti del terrificante Gobbo di Notre Dame di Charles Laughton.

- Ern

Lavorò alla RKO dal 1929 al 1931 mentre nel 1935 si trasferì alla FOX dove lo seguì anche il fratello Frank. Si specializzò nell’ideare il look giusto per le star anni ’30 ed è lui il padre dell’inquietante trasformazione di Frederic March nel Dr. Jekyl e Mr. Hyde (Rouben Mamoulian - 1931).

- Bud

Guidò il reparto trucco alla Universal per ventitré anni specializzandosi negli effetti speciali e nelle protesi in gomma come quella utilizzata in Il mostro della laguna nera (Jack Arnold - 1954).

CECIL HOLLAND (1887-1973) : L’unico studio che i Westmores non riuscirono a governare fu quello della MGM che adottò invece Cecil Holland come primo truccatore ufficiale nel 1925 fino agli anni ’50.

LON CHANEY (1883-1930) : ultimo ma non meno importante sarà invece il famoso attore denominato come “l’uomo dai mille volti”. Lon Chaney possedeva capacità nel campo del trucco e degli effetti speciali che andavano ben oltre le normali competenze di un attore.

Lon Chaney - "The Phantom of the Opera" by Rupert Julian

Nei 47 anni della sua operosa vita, nessun altro caratterista ebbe le competenze per polarizzare su sé stesso una tale attenzione da parte dei fan e della critica.

Chaney divenne un vero genio nella pantomima, creava da sè le sue trasformazioni lavorando con cerone, mastice, pelle di pesce, resina naturale e altri materiali. Dalle sue creazioni sono emersi alcuni fra i personaggi più iconici del cinema come il famoso Fantasma dell’opera (Rupert Julian - 1925) e Il gobbo di Notre Dame (Wallace Worsley - 1923) al cui trucco aggiungeva anche una trasformazione per il resto del corpo grazie all’uso di speciali imbracature.

«Nessuno ha mai avuto abbastanza coraggio per tentare questi ruoli» ha dichiarato Chaney nel corso di un’intervista per Motion Picture Magazine nel 1922. «Ma io voglio tentare la fortuna uno di questi giorni, e farò proprio come fece Griffith quando per la prima volta girò un primo piano; fare qualcosa che tutti si daranno la briga di copiare, quando vedranno che ha successo. Mi piacerebbe avere la soddisfazione di osservare gli altri mentre seguono la mia vita».

Parole, queste, che si riveleranno con il tempo decisamente lungimiranti. Non c’è attore che, al giorno d’oggi, non conosca la figura di Lon Chaney e i suoi “mille volti”. Gran parte del tempo dedicato alla preparazione del personaggio, mirava allo studio delle sue caratteristiche fisiche, allo studio del volto e ai lineamenti di quel particolare individuo.

Chaney era infatti un grande osservatore, minuzioso nello scovare i più sottili collegamenti fra le movenze esteriori di un uomo e il suo carattere interiore, i suoi istinti più profondi. Impiegava ore a creare e indossare uno dei suoi

trucchi, tanto da far assomigliare il suo camerino a un negozio da barbiere. Nel suo piccolo portatrucco che sembrava, da fuori, una macchina da scrivere portatile; Lon collezionava bastoncini di cerone e matite colorate, lampade ad alcool e ogni tipo di misteriosi accessori: spazzole di pelo di cammello, vasetti di adesivo e rotoli di qualcosa che assomigliava a stucco. La parte inferiore conteneva invece un assortimento di basette, parrucche, sopracciglia e i grandi occhiali di osso che usava per lo studio del vecchio cinese in Il Fuorilegge (Tod Browning - 1920).

Lon Chaney with his famous make-up kit

«Quando facevo il cinese in Bits of Life di Marshall Neilan, mi misi in testa di rendere in qualche modo obliqui i miei occhi. Provai vari sistemi; aggiunsi dei tratti sopra, sotto e intorno agli occhi, e infine scoprii il metodo di dipingere la pelle della fronte dappertutto».

Questa affermazione, tratta dal numero di agosto di The Picturegoer (1922), sottolinea quanto Lon Chaney fosse abile nella manipolazione del trucco di scena per rendere i tratti di personaggi diversi, anche all’interno dello stesso film. Una delle sue più grandi ambizioni era infatti quella di farsi ricordare dal pubblico solo grazie alle proprie interpretazioni, senza mai lasciar trasparire i suoi reali lineamenti.

In tutta la sua carriera non ripeterà una sola volta lo stesso trucco, dimostrando quanto l’anima del suo lavoro fosse realmente concentrata sulla novità.

Lon Chaney in Tell It to the Marines (1926)

«In ogni caratterizzazione ho ​​ provato a usare un trucco completamente diverso, fino a poco tempo fa. Per la prima volta in vita mia, in Tell It to the Marines, sono comparso sullo schermo al naturale. Non avevo neppure il cerone».

Nel prossimo post, dedicato alla figura di questa grande artista, vedremo quali sono gli eventi che hanno portato Lon a una tale propensione per il trucco di scena e la pantomima; approfondiremo i segreti del suo piccolo laboratorio e cercheremo di capire perché gli attori debbano essere anche, e soprattutto, dei buoni osservatori.

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